Briganti

BRIGANTI


Rosario Consoli


Protagonista in tutte le contese possibili, siano esse di natura socio politica che di dominio territoriale, egli si pone anarchicamente "motu proprio" al servizio di sè stesso e della comunità cui è legato e poi, quando stimolato da situazioni contingenti, di un potere che sente vicino piuttosto che contro di esso.

Tra le anime del Brigante, prima ancora che egli ponga la sua opera nel brigantaggio post unitario, è quella umana che andremo ad esplorare, per quanto non sia possibile scindere le due anime, entrambe comunicanti e vicendevolmente sostenentesi, avendo esse matrice comune in un comune sentire.

Brigare, contendere, essere temibile spina nel fianco di ogni potere costituito , questo è il suo contrassegno.
Egli è libero di decidere se, come e quando intervenire secondo propria inclinazione ma sempre tenendo conto delle istanze della gente che popola il territorio in cui agisce. Lo contraddistingue la caratteristica dell'espoliazione forzata poichè questa sta nel paradigma della propria natura fortemente influenzata da un desiderio di rivalsa sociale.

Il Brigante è un uomo, un uomo inquieto, che nella sua genesi è figlio adottivo della miseria che gli è matrigna fino a condurlo anche ad imprese scellerate che ne faranno la storia primigenia per poi vederlo prender parte attiva negli eventi anti-risorgimentali, ove anche la "laicità" dei sommovimenti gli fu nemica.

Vi è in lui una religiosità che lo pervade, come se un sentimento quasi mistico lo impronti  ad una impudenza assolutoria che lo possa emendare da ogni malefatta che trovi giustificazione in una ineluttabilità    imposta dal Cielo.

Lontano dalla legalità, il Brigante punta direttamente alla sua matrice...la Giustizia. Per quanto strano possa sembrare egli ha nelle sue corde quell'anelito, destinato però a rimanere tale poichè la sua anima di espoliatore ribelle è dominante rispetto ad una pur alta concezione della Giustizia medesima.

Egli sa che, con buona pace della giustizia, il far le Leggi è privilegio del vincitore, quindi di colui  che per imporle ha pur dovuto  contendere, lottare...brigare per essere vincente nel conquistarsi lo spazio che a sua volta gli darà potere...quel potere e quelle leggi che ha sempre avversato e che lo porterà inevitabilmente alla sconfitta quando dovrà misurarsi sullo stesso campo della forza del potere costituito.

Mi piace ricordare quei bei versi di Giulio Stolfi, in Provincia del Reame:

Dall'antico quartiere delle rocche
per i cupi rifugi delle forre
dilegueranno gli accenti
degli organetti.
Nella piazza abbandonata
l'ombra dell'arco taglierà
malefica i riquadri del selciato
con il ricordo funesto
del brigante decapitato...

E' straordinario quanto e come la coerenza debba nutrirsi di contraddizioni fino a scatenare conflitti interiori la cui composizione sia possibile solo attraverso un atto di umiltà consapevole nel segno dell'ottenimento del massimo del possibile.

Infatti Egli trova legittimazione nella lotta anti-Risorgimentale così come anche ne trova la sua fine.
Si dirà che ciò sia stato il naturale epilogo di una parabola  che nella sua caduta non poteva che cedere alla forza potente del regno di Piemonte appoggiato da Francia ed Inghilterra, fornitrice, quest'ultima, delle navi che incrociavano in prossimità delle coste di Sicilia per proteggere lo sbarco delle camicie rosse.

Cesare Abba, biografo della spedizione dei Mille, così scriveva:
LA SICILIA ALL'ORIZZONTE
...La Sicilia! La Sicilia! Pareva qualcosa di vaporoso laggiù nell'azzurro tra il mare e il cielo, ma era l'isola santa! Abbiamo a sinistra le Egadi, lontano in faccia il monte Erice, che ha culmine nelle nubi... Come si riconoscono gli esuli siciliani! Eccoli là tutti a prora, affollati. In questo momento non vivono che con gli occhi. Saranno una ventina, di tutte le età. Miracolo se il colonnello Carini sbarcherà vivo, se non gli si romperà il cuore dall'allegrezza...

Contraddizione fulminante tra emozione di    orgogliosa appartenenza e aneliti unitari, contrasti del cuore e della mente dai colori intensi delle gente del meridione!
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Il successo della spedizione dei Mille consentì al Regno di Sardegna e Piemonte, di predare il Mezzogiorno  delle grandi ricchezze che deteneva e, contemporaneamente, inrterropmpendo un percorso virtuoso che faceva di quel regno uno dei più moderni ed efficienti dell'intera Europa. Si innescava così quel fenomeno che conosciamo come "La questione Meridionale". Proprio così, impoverimento del mezzogiorno la cui annessione, col sistema unitario, non tenne in alcun conto della peculiarità del Meridione tanto che la cupidigia  nun fu estranea   agli eventi,  pur trainata (o giustificata) dal più nobile sentimento di far della penisola una Nazione.

L'intervento al Parlamento del Deputato Duca di Maddaloni,  ben sintetizza la situazione:

I Piiemontesi colonizzano:
QUESTA E' UN'INVASIONE!
La loro smania di subito impiantare nelle province napoletane quanto più si poteva delle istituzioni del Piemonte, senza neppure discettare se fossero o no opportune fece nascere sin dal principio della dominazione piemontese il concetto e la voce "piemontizzare".                                                    Intere famiglie veggonsi accattar l'elemosina; diminuito, anzi annullato, il commercio; serrati i privati opifici. E frattanto tutto si fa venir dal Piemonte, persino le cassette della posta, la carta per i dicasteri e per le pubbliche amministrazioni. Non vi ha faccenda nella quale un onest'uomo possa buscarsi alcun ducato che non si chiami un piemontese a disbrigarla. A' mercanti del Piemonte dannosi le forniture più lucrose: burocratici di Piemonte occupano tutti i pubblici uffizi, gente spesso ben più corrotta degli antichi burocratici napolitani. Anche a fabbricare le ferrovie si mandano operai piemontesi i quali oltraggiosamente pagansi il doppio che i napoletani. A facchini della dogana, a carcerieri, a birri vengono uomini di Piemonte. Questa è invasione non unione, non annessione! Questo è voler sfruttare la nostra terra di conquista. Il governo di Piemonte vuol trattare le province meridionali come il Cortes ed il Pizzarro facevano nel Perù e nel Messico, come gli inglesi nei regni del Bengala.

11/09/1860     L'esercito piemontese, comandato dal generale Cialdini, entra nel territorio pontificio, invadendo la Romagna e le Marche. L'azione, decisa dal Cavour, ha lo scopo di evitare la proclamazione della repubblica nel sud e un eventuale tentativo di Garibaldi di proseguire verso Roma per conquistarla.
                                                                       
"Non è questa l'Italia che volevo...!" Ebbe a dire  il Garibaldino Massimo D'Azegio e l'"obbedisco" del repubblicano Garibaldi, scaturito da necessità di non poter fare altrimenti,  consegnò i territori al Regno di Sardegna e Piemonte.
In tale situazione la Briganteria mutò in Brigantaggio (termine convenzionalmente usato per identificare la Briganteria post unitaria).  In questo quadro Il Brigante si era creata un'identità socio politica e ciò lo rendeva gradito all'ormai ex Regno Borbonico, pur avendolo anch'esso precedentemente combattuto. Una forma di Brigantaggio Partigiano conferì dignità   al Brigante, non più isolato in frammenti di piccole bande  ma in un sentire collettivo  che dava altra misura al proprio essere.
Confluirono tra le fila dei Briganti contadini in miseria, renitenti alla leva, uomini di cultura, sacerdoti, e quanto altro rappresentasse il sentimento popolare. Il marchio del Brigante, per questi, divenne segno distintivo di un anelito, di una speranza senza più i confini dell'utopia.  Il sogno di mantenere l'identità del meridione ed in esso continuare a riconoscersi, faceva il paio con quell'Italia federale a cui aspirava il futuro Gran Maestro Gariballdi che tutto fece per dare al Meridione quel minimo di diritti cui agognavano :

- Nel maggio 1860 abolisce la tassa sul macinato.
- Nel giugno dello stesso anno decreta l'assegnazione delle terre.

Una tiritera, nella Sicilia che vide lo sbarco dei Mille, così recitava:

                              Vulemu a Garibardi           
                              c'un pattu: senza leva.                
                              E s'iddu fa la leva                       
                              canciamu la bannera.                            
                              Lallararera, lallarallà         

Ma Garibaldi avendo chiesto e non ottenuto dal re un anno di governo nell'Italia meridionale, vede sfumare l'efficacia dei propri decreti e parte deluso per la sua isola: Caprera. Reca con  sè solo un sacco di sementi, uno stoccafisso involtato in cartapaglia e tanta amarezza.   

Torniamo, ora, alla Briganteria. La Partigianeria Brigantesca era intollerabile per un Regno appena costituitosi e La repressione fu implacabile e furiosa: ci vollero più di 600.000 soldati,   per domare il Brigantaggio, ma solo quando la forza dell'ideale unitario fu soverchiante grazie anche all'appoggio di stati esteri che per ragioni diverse tale lo volevano. Ad esempio, in Sicilia, gli interessi Inglesi erano di una notevole entità tanto che, per dare giusta misura agli eventi, la protezione delle Ducee di Bronte, appartenenti all'ammiraglio Nelson, richiese una forte repressione dei Carbonai ad opera di Nino Bixio.
Tale evento vide la fuga degli insorti nelle selve etnee e ciò indusse il Luogotenente a compiere una strage di innocenti CAPZIOSAMENTE ritenuti fiancheggiatori. L'appellativo di "belva" attribuitogli dalla gente di Bronte fu il contrassegno di quella sciagurata azione e ciò non potè che aggiungere altra e più forte acredine alla lotta post unitaria della Briganteria.

 Ma le fuga degli insorti indusse il luogotenente   a perpetrare una strage di innocenti ritenuti fiancheggiatori, guadagnandosi l'appellativo di "Belva" , Pagina oscura, questa, che aggiunse altro motivo alla lotta post unitaria del Brigantaggio.

Dal gennaio all'ottobre del 1861, si contarono nell'ex Regno delle Due Sicilie 9.860 fucilati, 10.604 feriti, 918 case arse, 6 paesi bruciati, 12 chiese predate, 40 donne e 60 ragazzi uccisi, 13.629 imprigionati, 1.428 comuni sorti in armi...
La coscrizione obbligatoria per 7 anni, poi, fece il resto: i renitenti alla leva, in Sicilia,  andarono ad infoltire la Briganteria che, in tali contingenze, si rafforzava e risaliva la Penisola seguendo le linee dell'appennino, dall'Aspromonte sua roccaforte, in su.  Ma, come anzi detto, non potè che soccombere e lasciare così il posto al singolo Brigante che ormai avrebbe indossato l'abito del Bandito.  
Salvatore Giuliano fu forse l'ultimo Brigante  e il primo bandito a segnare una nuova era.







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